Con l’Ordinanza n. 30320/2025, la Sezione tributaria della Corte di Cassazione ha affrontato un caso in cui una società aveva chiesto il rimborso di un credito IVA, non accolto per mancata documentazione e successivamente trasformato in detrazione.
L’Agenzia, ritenendo tardiva la modifica dell’opzione, aveva emesso una cartella ex artt. 36-bis del d.P.R. n. 602/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972 per “recuperare” il credito erroneamente riportato nella dichiarazione IVA.
La Cassazione ha accolto il ricorso della Società ricorrente affermando che, fermo restando il potere erariale di controllo automatico della correttezza delle dichiarazioni dei redditi, nonché della correzione degli eventuali errori materiali o di calcolo, “l’emissione della cartella di pagamento risulta legittima solo laddove, a seguito della verifica compiuta in sede di controllo automatizzato, l’amministrazione finanziaria accerti che, a causa di errori materiali o di calcolo, il contribuente abbia illegittimamente utilizzato il credito di imposta, così da prospettare un debito del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria”. Qualora invece il credito di imposta non sia stato utilizzato, l’Amministrazione può correggere errori materiali o l’esposizione non corretta del credito, ma non può pretendere il pagamento di un debito inesistente.
Nel caso di specie, infatti, l’errore riguardava la sola esposizione del credito, ma non vi era alcuna prova che il credito fosse stato utilizzato.
#IVA #controlli formali #creditiIVA