Con la sentenza n. 9447 del 1° dicembre 2025, il Consiglio di Stato, sul ricorso in appello proposto dalla Provincia di Potenza contro una impresa privata produttrice di energia elettrica da fonti rinnovabili, si è pronunciato sull’ambito di applicazione della tariffa agevolata di cui al comma 831, dell’art. 1, della Legge n. 160/2019, confermando l’annullamento della delibera del Consiglio provinciale di Potenza disposta dal TAR.
La delibera impugnata, avente ad oggetto la modifica al Regolamento sul Canone Unico Patrimoniale, stabiliva che la misura minima di 800 euro del canone patrimoniale per l’occupazione permanente del sottosuolo da parte dei soggetti privati produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili fosse elevata fino all’importo della tariffa base, pari ad euro 7,50. La Provincia di Potenza contesta la sentenza del TAR nella parte in cui ha ritenuto illegittima la scelta dell’Amministrazione di prevedere una tariffa superiore alla misura minima di 800 euro sostenendo che non è possibile estendere la norma che prevede la tariffa agevolata perché di stretta interpretazione e quindi inidonea ad attribuire un vantaggio a tutte le società produttrici di energia elettrica.
Nell’affermare l’infondatezza della censura, il Consiglio di Stato richiama il quadro normativo rilevante sul tema ed, in particolare, il comma 831 dell’art. 1 della Legge n. 160/2019, laddove specifica che nella fornitura di servizi di pubblica utilità rientrano la distribuzione e l’erogazione di energia elettrica, così come interpretato autenticamente dall’art. 5, comma 14-quinquies, della L. n. 215/2021, che ha previsto l’applicazione del regime di determinazione forfetario alle occupazioni permanenti di suolo pubblico effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali alla fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale.
Pertanto, ponendosi come questione pregiudiziale quella di stabilire se tale regime possa applicarsi anche alle imprese private produttrici di energia da fonti rinnovabili, come quella appellata, i giudici amministrativi hanno affermato che il discrimine che consente a tali imprese di giovare della tariffa forfettaria si fonda sul riconoscimento della rilevanza pubblicistica dell’attività di produzione di energia elettrica, tanto più se da fonte rinnovabile, in conformità alle previsioni recate dalla risoluzione del MEF n. 3/DF del 22 marzo 2022 che aveva già affermato espressamente l’inclusione dell’attività di produzione di energia elettrica fra le attività strumentali che beneficiano del regime.
A sostegno della tesi, il Consiglio di Stato richiama la recente e copiosa giurisprudenza di legittimità intervenuta a porre fine al contrasto ribadendo come la filiera del sistema elettrico nazionale costituisca una rete unica integrata che si compone di una serie di fasi sequenziali e interconnesse. Quella di produzione costituisce la fase antecedente a quelle di trasmissione, dispacciamento e distribuzione, essendo tutte connesse da connaturali vincoli inscindibili (vincolo di complementarietà), tali per cui, in assenza dell’una, non possono trovare compimento le altre (vincolo di esclusività). Pertanto, anche le società di produzione beneficiano del regime previsto per i servizi di pubblica utilità, in quanto l’attività da esse svolta rientra tra le attività strumentali alla fornitura del servizio. Ed infine, la circostanza che l’impresa di produzione sia una società per azioni che persegue scopi di lucro non osta alla spettanza della tariffa forfettaria, dovendo porsi attenzione sul tipo di attività svolta e non sulla veste del soggetto che la esercita.
In definitiva, il Consiglio di Stato afferma che l’impresa produttrice di energia ricade nel campo di applicazione del canone forfettario di 800,00 euro.
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