Con l’ordinanza n. 15372 del 9 giugno 2025, la Cassazione si è pronunciata in merito all’impugnabilità della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis D.P.R. 600/1973 contestando non solo i vizi formali ma anche il merito della pretesa tributaria.
In appello, i giudici avevano accolto le doglianze della società ritenendo, innanzitutto, che l’Ufficio non avrebbe potuto utilizzare l’istituto del controllo automatizzato ex art. 36-bis D.P.R. 600/1973 ma avrebbe dovuto emettere avviso di accertamento e, in secondo luogo, dichiarando la pretesa non fondata dal momento che nel caso di specie sussistevano i presupposti per la disapplicazione della disciplina dettata in materia di società di comodo.
Dunque, proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate.
La Suprema Corte, pur ritenendo legittimo il ricorso da parte dell’Ufficio allo strumento del controllo formale ex art. 36-bis D.P.R. 600/1973 al fine di richiedere un importo determinato sulla base di un esame meramente cartolare dei dati forniti dal contribuente in dichiarazione, ha affermato che l’impugnazione della cartella esattoriale, emessa a seguito di procedura di controllo automatizzato, non è preclusa dal fatto che l’atto impositivo sia fondato sui dati evidenziati dal contribuente nella propria dichiarazione. Tale conclusione presupporrebbe l’irretrattabilità delle dichiarazioni del contribuente, le quali hanno, invece, natura di dichiarazioni di scienza e, dunque, sono ritrattabili in ragione di nuovi elementi di conoscenza o di valutazione. Pertanto, nel giudizio di impugnazione della cartella di pagamento ex art. 36-bis del D.P.R. 600/1973, il contribuente può contestare il merito della pretesa tributaria.
Difatti, la cartella di pagamento costituisce il primo atto impositivo notificato, con la conseguenza che l’impugnazione è possibile non solo per vizi formali ma anche per contestare il merito della pretesa e, come avvenuto nel caso di specie, per contestare la natura di società di comodo.
Con specifico riferimento alla natura di società di comodo, la Corte ricorda che tale “status” non deve considerarsi permanente, ma va accertato anno per anno, essendo un elemento variabile, ben potendo una società essere non operativa in un determinato esercizio sociale ed operativa in quello successivo.
Pur non essendo passata in giudicato la sentenza dei giudici di secondo grado, in ogni caso, ricorda la Corte, in materia di imposte periodiche vige il principio dell’efficacia espansiva del giudicato esterno in relazione a diversi anni d’imposta, in virtù dell’autonomia degli anni di imposta. La Suprema Corte ritiene che, ove venga in rilievo il mancato superamento del test di operatività per un determinato anno di imposta, la verifica della natura o meno di società di comodo richiede un accertamento in fatto insuscettibile di cristallizzarsi e di estendere i suoi effetti a precedenti o successivi anni di imposta, essendo la condotta imprenditoriale per sua natura frutto di scelte variabili nel tempo, in relazione ai più svariati fattori. Tale accertamento, nel caso di specie, come afferma la Corte, è mancato.
#cartelladipagamento #viziformali #pretesatributaria #societàdicomodo