Con l’ordinanza n. 30921 del 25 novembre 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito che l'indagine sulle caratteristiche di un edificio, ai fini dell'applicazione dell'aliquota Iva agevolata del 4%, deve essere condotta sulla base degli elementi strutturali e funzionali delle singole unità al momento dell’ultimazione dell'edificio ovvero delle classificazioni catastali definitivamente stabilite, essendo irrilevante la destinazione urbanistica del terreno.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva revocato l’agevolazione dell’aliquota Iva ridotta prevista per l'acquisto della prima casa, assoggettando l’atto di compravendita all’aliquota ordinaria e così recuperando a tassazione la maggiore imposta accertata. L’Ufficio riteneva, infatti, che l’immobile, sebbene formalmente censito nella categoria A/2, essendo inserito in un complesso immobiliare ricadente in zona urbanistica D/2 (destinata a strutture turistico-ricettive), avrebbe dovuto essere accatastato come unità speciale D/2.
Nel ricorso avverso l’avviso emanato dall’Amministrazione finanziaria, il contribuente evidenziava che l’immobile aveva sempre mantenuto la categoria catastale A/2, circostanza che legittimava pienamente l’applicazione dell’aliquota ridotta.
Sottolineava, inoltre, che la nota comunale richiamata dall’Ufficio non costituiva un provvedimento idoneo a modificare il classamento e che né il Comune né l’Agenzia avevano mai disposto una variazione catastale.
Richiamava, infine, il rilascio dei titoli di agibilità e abitabilità, idonei a configurare l’edificio quale civile abitazione, sostenendo che l’agevolazione dovesse essere riconosciuta in base alle caratteristiche dell’unità immobiliare e non alla destinazione urbanistica del suolo.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, aderendo alla tesi prospettata dall’Amministrazione finanziaria, rilevava che dall'esame della documentazione prodotta emergeva l’inserimento dell’immobile in un complesso edilizio avente natura residenziale-turistica e che, secondo una precedente comunicazione del Comune, gli immobili presenti in tale area sarebbero dovuti ricadere nella zona D/2 del piano regolatore generale, circostanza che avrebbe imposto l’accatastamento nella categoria D/2 e non nella categoria A/2.
Avverso tale decisione, il contribuente proponeva ricorso per Cassazione.
La Suprema corte ha accolto le doglianze mosse dal contribuente, richiamando la propria giurisprudenza secondo cui la verifica dei requisiti per l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata deve essere condotta esclusivamente sulla classificazione catastale e sulle caratteristiche dell’immobile.
In particolare, ha ribadito che per le unità immobiliari accatastate in A/2, e non aventi caratteristiche di lusso, trova applicazione l’aliquota del 4%, prevista dal n. 21, Parte Seconda, della tabella A, allegata al d.P.R. n. 633/1972, a prescindere dalla destinazione urbanistica dell’area circostante. Ha inoltre sottolineato la netta autonomia tra disciplina catastale e disciplina urbanistico-edilizia, escludendo che dal piano regolatore possa desumersi una diversa qualificazione rilevante ai fini fiscali.
Sulla base di tali principi, constatato che l'immobile in questione era stato acquistato come prima casa, accatastato nella categoria A/2 e destinato ad abitazione non di lusso, ha ritenuto corretta l’applicazione dell'aliquota Iva agevolata al 4%, annullando così l’atto impugnato.
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