Con la pronuncia n. C-639/24 del 13 novembre 2025, la CGUE, a seguito di rinvio pregiudiziale da parte del Tribunale Amministrativo di Zagabria, si è pronunciata sulle condizioni per l’esenzione delle cessioni intracomunitarie di beni.
Nell’ambito della controversia tra il Ministero delle Finanze della Repubblica di Croazia ed una società croata, alla quale, mediante avviso di accertamento, era stato contestato di aver illegittimamente beneficiato dell’esenzione IVA sulle cessioni di beni effettuate ad un acquirente sloveno, la società venditrice ha presentato domanda di pronuncia pregiudiziale alla CGUE avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 138, par. 1, direttiva 2006/112/CE del Consiglio, come modificata dalla direttiva UE 2018/1910, e dell’art. 45-bis del regolamento di esecuzione UE n. 282/2011 del Consiglio, come modificato dal regolamento di esecuzione UE 2018/1912. In particolare, la società contribuente ha sostenuto che l’art. 45-bis del regolamento di esecuzione consente ai soggetti passivi di dimostrare che sussistono le condizioni per beneficiare della non imponibilità di cui all’art. 138 della direttiva. Qualora i soggetti passivi non siano in possesso della documentazione di cui all’art. 45-bis, devono in ogni caso dimostrare che, nella sostanza, tutte le condizioni richieste per beneficiare della non imponibilità sono soddisfatte.
La CGUE osserva che, quanto all’interpretazione dell’art. 45-bis del regolamento UE 282/2011, la norma elenca i casi nei quali esiste una presunzione che i beni siano stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro verso un altro Stato membro ai fini dell’esenzione, ma non elenca in modo esaustivo gli elementi di prova necessari per dimostrare l’esistenza di una cessione intracomunitaria. Di conseguenza, qualora le condizioni di applicazione della presunzione non siano soddisfatte, le autorità fiscali sono tenute a valutare qualsiasi elemento di prova fornito dal venditore dei beni al fine di determinare se quest’ultimo sia riuscito a dimostrare che tali beni sono stati oggetto di una cessione intracomunitaria.
Quanto invece all’interpretazione dell’art. 138, par. 1, direttiva 2006/112/CE, osserva la Corte, la norma non subordina la concessione della non imponibilità alla circostanza che il cedente sia in possesso di elementi di prova specifici. Questo in ragione del fatto che la presa in considerazione, da parte delle autorità fiscali, di elementi di prova diversi da quelli previsti all’art. 45-bis non confligge con l’obiettivo del regolamento di esecuzione consistente nella promozione degli scambi intracomunitari, dal momento che, se così non fosse, coloro che non possiedono le prove di cui all’art. 45-bis del regolamento di esecuzione n. 282/2011 sarebbero privati dell’esenzione di cui trattasi a causa del mancato rispetto di un requisito formale, sebbene la cessione intracomunitaria di beni abbia effettivamente avuto luogo. Come già affermato dalla giurisprudenza comunitaria, infatti, è proprio il principio di neutralità fiscale ad esigere che l’esenzione dall’IVA sia accordata quando le condizioni sostanziali della cessione intracomunitaria sono soddisfatte, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi. La violazione di un requisito formale può portare al diniego dell’esenzione dall’IVA solo se tale violazione ha avuto l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali.
In definitiva, la CGUE ha affermato che l’art. 138, paragrafo 1, della direttiva IVA e l’art. 45-bis del regolamento di esecuzione n. 282/2011 devono essere interpretati nel senso che, da un lato, essi ostano a che un’esenzione dall’IVA sia negata per il solo motivo che non sono stati forniti gli elementi di prova dell’esistenza di una cessione intracomunitaria previsti all’art. 45-bis del regolamento di esecuzione n. 282/2011 e, dall’altro, essi impongono alle autorità fiscali nazionali di valutare qualsiasi elemento di prova prodotto per determinare che i beni sono stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro verso altro Stato membro, fuori dai casi di presunzione di cui all’art. 45-bis, par. 1, del regolamento n. 282/2011.