Con la sentenza n. 1000 del 15 settembre 2025, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana ha affrontato la questione della qualificazione fiscale ai fini Irpef del corrispettivo percepito da una persona fisica per la cessione di un marchio registrato.
Nel caso di specie, nell’ambito di una verifica condotta nei confronti di una società, l’Agenzia delle Entrate aveva rilevato che il socio e amministratore persona fisica, titolare dei marchi utilizzati dalla stessa società, aveva ceduto i predetti marchi ad una società tedesca per un prezzo di 4.800.000 euro, senza dichiarare tale somma nel Modello Unico 2017 relativo al periodo d’imposta 2016. L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto tale importo qualificabile quale reddito diverso e, pertanto, soggetto a imposizione ai sensi dell’art. 67, comma 1, TUIR.
Il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento emanato dall’Ufficio veniva accolto dai giudici di prime cure.
Con ricorso innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, l’Amministrazione finanziaria insisteva nella propria tesi interpretativa, ritenendo che i proventi derivanti da una cessione di un marchio da parte di un contribuente persona fisica rientrino tra i redditi imponibili.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, con la sentenza in commento, respinge il ricorso dell’Ufficio, affermando che i redditi derivanti dalla cessione di un marchio da parte di una persona fisica non possono essere ricondotti né tra i redditi d’impresa, né tra i redditi di lavoro autonomo, né alla categoria residuale dei redditi diversi di cui all'art 67 del TUIR.
In particolare, il marchio, afferma la Corte, è un diritto di proprietà industriale liberamente trasferibile dal titolare, indipendentemente dall’esercizio di un’attività imprenditoriale o di lavoro autonomo e senza che la cessione configuri l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere. Si tratta, infatti, di un trasferimento di un bene immateriale che non genera reddito imponibile.
Nel caso in esame, quindi, i giudici di secondo grado, appurato che non risulta contestata la titolarità dei marchi in capo alla persona fisica, affermano che il corrispettivo percepito dal contribuente per la cessione del marchio non può essere assoggettato a imposizione, né può essere ricondotto in via estensiva nell’ambito dei redditi diversi, stante la natura tassativa dell’elenco contenuto nell'art 67 del TUIR.
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