Risposta ad interpello n. 157 del 25 marzo 2022

l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il cittadino non italiano, che precedentemente al 2019 prestava la propria...

Con la risposta ad interpello n. 157 del 25 marzo 2022, l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi in merito ai requisiti necessari per accedere all’agevolazione prevista per i c.d. impatriati dall’art. 16 del d.lgs. n. 147/2015.

In particolare, con l’istanza di interpello, il contribuente riferiva di essere un cittadino non italiano, che precedentemente al 2019 prestava lavoro fuori dall’Italia in favore di un datore di lavoro non residente e successivamente ha trasferito la propria residenza in Sicilia al fine di svolgere la medesima attività lavorativa in modalità di remote working. Inoltre, l’istante specificava altresì che l’attività di remote working svolta in Italia non configurava un rapporto di distacco internazionale o di trasferta e che nel 2019 nasceva in Italia il primo figlio del contribuente.  

Tanto premesso, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta in commento, ha ribadito che al fine di beneficiare del regime di favore previsto per i c.d. impatriati è necessario che il contribuente abbia trasferito la propria residenza fiscale nel territorio dello stato, non risulti residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento, e, infine, che svolga l’attività lavorativa prevalentemente sul territorio italiano. Pertanto, in presenza dei predetti requisiti, i redditi di lavoro dipendenti, i redditi a questi assimilati e i redditi di lavoro autonomo del contribuente concorrono per cinque anni alla formazione del reddito complessivo nella misura del 30 % oppure, nel caso in cui il trasferimento sia avvenuto in alcune regioni del centro-sud Italia, nella misura del 10 %. A tal proposito, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato altresì che nel caso in cui il contribuente abbia un figlio minorenne – ai sensi del predetto art. 16 – è prevista un’estensione temporale del beneficio per un ulteriore quinquennio nel quale i redditi agevolabili concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare.

Inoltre, in continuità con i precedenti documenti di prassi, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che la circostanza che l’attività lavorativa sia svolta in favore di un datore di lavoro non residente non è di ostacolo alla fruizione dell’agevolazione. Ed infatti, la norma agevolativa richiede soltanto che l’attività lavorativa sia svolta sul territorio dello stato ma non prevede che tale attività non possa essere svolta in favore di un datore di lavoro o di un committente non residente.  

Pertanto, sulla base di quanto esposto, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che nel caso di specie l’istante possa fruire dell’agevolazione per i c.d. impatriati, beneficiando tanto della tassazione ridotta nella misura del 10 % per i primi cinque anni quanto dell’ulteriore proroga per il successivo quinquennio, stante la presenza di figli minorenni.

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