Risposta ad interpello n. 503 del 12 ottobre 2022

l’Agenzia delle Entrate ha fornito un interessante chiarimento in tema di riorganizzazione aziendale, affermando che il conseguimento di un indebito risparmio di imposta...

Con la risposta ad interpello n. 503 del 12 ottobre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un interessante chiarimento in tema di riorganizzazione aziendale, affermando che il conseguimento di un indebito risparmio di imposta ai fini dell’imposta di registro conseguito mediante la combinazione di diversi atti e negozi giuridici non determina l’abusività ai sensi dell’art. 10-bis della legge 212/2000 laddove l’operazione non risulti priva di sostanza economica.

In particolare, il caso prospettato dal contribuente istante riguardava una complessa operazione di riorganizzazione realizzata mediante (i) un conferimento di ramo d'azienda ad una società neocostituita, (ii) la successiva cessione totalitaria delle partecipazioni detenute nella società neocostituita conferitaria a favore della società istante e (iii) la fusione per incorporazione della società conferitaria nella società cessionaria delle partecipazioni, ossia la società istante.

Coerentemente, il contribuente istante aveva assoggettato ad imposta di registro in misura fissa ciascuno dei tre atti regolanti le tre operazioni, così beneficiando di un cospicuo risparmio di imposta dato dalla differenza tra la somma dell’ammontare dovuto a titolo di imposta di registro in misura e l’ammontare dell'imposta di registro in misura proporzionale che sarebbe risultata dovuta laddove il contribuente avesse proceduto mediante una cessione d’azienda. Ciò, in linea, anche, con i precedenti chiarimenti forniti dalla prassi amministrativa con le risposte ad interpello n. 13 e 138 del 2019.

Ciò posto, l’Agenzia delle Entrate, pur affermando in via espressa che l’operazione così strutturata ha comportato “il conseguimento di un vantaggio d'imposta indebito dato dalla differenza tra l'imposta di registro in misura fissa applicabile alle tre operazioni, rispetto all'imposta di registro in misura proporzionale, la quale risulta pertanto aggirata dal comportamento posto in essere”, conclude per ritenere che essa non configuri un’operazione abusiva ai sensi dell’art. 10-bis della legge 212/200 atteso che non risultano sussistenti “gli ulteriori elementi che concorrono a costituire la fattispecie dell'abuso del diritto” non apparendo l’operazione “priva di sostanza economica”.

L’approdo a cui è giunta l’Agenzia delle Entrate appare senz’altro condivisibile in quanto correttamente compie i passaggi per la verifica dell’abusività di un’operazione di riorganizzazione aziendale. Invero, come dalla stessa affermato, al fine di procedere a tale verifica è “prioritariamente” necessario indagare sulla “sussistenza del primo elemento costitutivo dell'abuso del diritto (i.e., l'indebito vantaggio fiscale)” e, laddove questo dovesse ravvisarsi, procedere con l’analisi delle “ulteriori condizioni applicative della disciplina anti abuso (ovverosia l'assenza della sostanza economica dell'operazione e l'essenzialità del vantaggio indebito)”, tuttavia “solo in presenza di tutti gli elementi richiamati sub a), b) e c), si procederà all'analisi circa la fondatezza e la non marginalità delle ragioni extrafiscali dedotte” e, soprattutto, solo in caso di esito negativo di tale ultima analisi potrà considerarsi l’operazione nel suo complessa abusiva. Con la conseguenza che in presenza di un’operazione avente una “sostanza economica” l’abuso del diritto non può dirsi integrato nonostante l’indebito vantaggio fiscale ottenuto mediante il “percorso tortuoso posto in essere volto ad acquisire le partecipazioni totalitarie” (cfr. risposte ad interpello n. 13 e 138 del 2019).

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