Con la sentenza n. 25486 del 30 agosto 2022, la Cassazione ha statuito che l’istanza di definizione agevolata proposta dal cessionario, relativa ad una controversia avente ad oggetto una cartella di pagamento notificata per riscuotere le obbligazioni tributarie del cedente, deve ritenersi legittima se la cartella esattoriale costituisce il primo atto mediante il quale il cessionario viene portato a conoscenza della pretesa fiscale azionata nei suoi confronti.
In particolare, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva opposto il diniego di definizione agevolata in quanto, per un verso, l’atto impugnato in giudizio non era costituito da un atto impositivo, bensì da una cartella di pagamento, mentre per altro, l’avviso di accertamento emesso a carico della società cedente era stato originariamente notificato anche alla società cessionaria e non impugnato.
Senonché la Suprema Corte ha condivisibilmente ritenuto infondata la tesi proposta dall’Amministrazione Finanziaria.
Ebbene, innanzitutto la Cassazione ha osservato che, conformemente al costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la cartella di pagamento quando costituisce l'unico atto portato a conoscenza del contribuente mediante il quale si rende nota la pretesa impositiva ha natura di atto impositivo e dunque è impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale. Conseguentemente la controversia tributaria avente ad oggetto la predetta cartella di pagamento costituisce una controversia definibile in forma agevolata.
In secondo luogo, la Suprema Corte ha altresì esaminato la posizione della cessionaria d’azienda destinataria di una cartella di pagamento in qualità di responsabile in solido dei debiti tributari della società cedente. A tal proposito, la Cassazione ha evidenziato come l'avviso di accertamento notificato alla società cedente non estende i suoi effetti alla società cessionaria, debitore sussidiario, neppure quando sia stata a questa notificato. Il cessionario dell'azienda, infatti, non è legittimato ad impugnare l'atto impositivo emesso nei confronti del cedente, potendo solo intervenire ad adiuvandum nel giudizio di opposizione da questo eventualmente promosso. Ne consegue che, qualora come nel caso di specie, la società cedente non impugni l’avviso di accertamento, la successiva cartella di pagamento notificata alla società cessionaria quale responsabile in solido costituisce il primo atto mediante il quale tale società viene portata a conoscenza della pretesa fiscale azionata nei suoi confronti.
Pertanto, alla luce di quanto esposto, la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto “in tema di cessione d'azienda, il cessionario risponde per le obbligazioni fiscali sorte in capo al cedente, nei limiti del D.Lgs. n. 472 del 1997 art. 14 e, qualora la cartella esattoriale con la quale gli si richiede il pagamento sia il primo atto con il quale viene portato a conoscenza della pretesa fiscale azionata nei suoi confronti, essa riveste anche la natura di atto impositivo. Ne consegue che, pendente il procedimento di impugnazione della cartella di pagamento, può essere domandata dal cessionario la definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018 art. 6, come conv.”.
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