Con la sentenza n. 2563 del 23 settembre 2022, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano è stata chiamata a pronunciarsi con riferimento alla fruizione dell’agevolazione per i c.d. impatriati prevista dall’art. 16 del D.lgs. 147/2015 da parte del lavoratore distaccato all’estero rientrato in Italia.
In particolare, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate negava al lavoratore distaccato rientrato in Italia i benefici dell’agevolazione per i c.d. impatrati in quanto il contribuente, al rientro dal distacco, avrebbe mantenuto l’anzianità di servizio maturata in azienda e non avrebbe affrontato alcun periodo di prova. Ed infatti, sebbene l’art. 16 del D.lgs. 147/2015 non disciplini esplicitamente la posizione del lavoratore distaccato all’estero, l’Amministrazione finanziaria con la Circolare 33/2020 ha individuato alcuni elementi, quali ad esempio il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione o l’assenza del periodo di prova, che, secondo la prospettazione erariale, costituirebbero indice di una continuità sostanziale con la posizione lavorativa svolta prima dell’espatrio. Pertanto, in ragione di tale presunta continuità con la precedente posizione lavorativa, secondo l’Agenzia delle Entrate, i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero non possono fruire del regime agevolativo.
Senonché la CGT ha condivisibilmente respinto la tesi proposta dall’Agenzia delle Entrate.
Ebbene, innanzitutto i giudici tributari hanno opportunamente osservato come, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, le circolari ministeriali in materia tributaria non siano fonte di diritto, e pertanto non possano imporre al contribuente adempimenti non previsti dalla legge o istituire cause di revoca della agevolazione fiscale non contenute in una norma di legge.
Secondo la CGT il disconoscimento del regime agevolativo opposto dall’Amministrazione finanziaria è illegittimo in quanto non trova alcun riscontro nel citato art. 16, sia sotto il profilo testuale sia con riferimento alla ratio del beneficio fiscale.
In particolare, l’art. 16 del D.lgs. 147/2015 richiede, ai fini della fruizione dell’agevolazione, che i) i lavoratori non siano stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento; ii) si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni; iii) l'attività' lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano. Risulta dunque evidente come la disposizione in esame non richieda, come preteso dall’Amministrazione finanziaria, la stipula di un nuovo contratto di lavoro.
Pertanto, la CGT ha stabilito che non può essere disconosciuto il beneficio fiscale ex art. 16 del D.lgs. 147/2015 al lavoratore distaccato che rientra in Italia, specie laddove, come nel caso di specie, al trasferimento consegua un cambiamento dell'attività lavorativa precedentemente svolta.
#impatriati #distacco #agevolazione