Con il comunicato stampa dello scorso 13 dicembre 2022, la Commissione UE ha reso nota l’approvazione all’unanimità del Consiglio UE della proposta di direttiva COM(2021)823 del 22 dicembre 2021 intesa a garantire un’aliquota d’imposta effettiva minima per i gruppi, nazionali o internazionale, con una società madre o una controllata in uno Stato membro, che abbiano ricavi complessivi superiori a 750 milioni di euro annui.
L’accordo concretizza l’impegno dell’UE a dare attuazione alla riforma fiscale dell’OCSE, prevedendo il recepimento nella legislazione europea del secondo pilastro (c.d. “Pillar 2”) dell’OCSE. Gli Stati membri devono attuare le nuove norme entro il 31 dicembre 2023.
Come noto, il Pillar 2 prevede l’introduzione di una minimum tax del 15 per cento e la direttiva UE individuerà un insieme comune di norme sulle modalità di calcolo di tale dell'aliquota fiscale minima effettiva affinché questa sia applicata con correttezza e coerenza in tutta l'UE. Il Pillar 2 prevede l’operatività di tale imposizione si sostanzierà in un sistema di tassazione coordinato a livello multilaterale e costituito da due regole interconnesse gerarchicamente, la c.d. “Income Inclusion Rule” (IIR) e la “Undertaxed Payments Rule” (UTPR). La prima comporta il prelievo della c.d. top-up tax – ossia dell’eventuale differenziale di tassazione tra il livello minimo del 15 per cento e l’effective tax rate dell’entità in una data giurisdizione - a carico dell’ultimate parent entity nel Paese in cui è localizzata. La seconda, invece, è una regola applicabile in via secondaria e subordinata rispetto all’IIR dai Paesi di residenza delle Constituent Entities per prelevare l’eventuale top-up tax residua fino a raggiungere il predetto livello minimo di tassazione.
La direttiva ripropone in modo pressoché speculare i contenuti del Pillar 2, salvi alcuni aggiustamenti dovuti alle possibili questioni di compatibilità con il diritto euro-unionale. In particolare, la direttiva prevede che la ultimate parent entity (UPE) applichi l’IIR in relazione ai profitti sotto tassati sia delle controllate residenti all’estero che delle controllate residenti nella sua stessa giurisdizione, con l’effetto, quindi, di ridurre lo spazio per l’applicazione dell’UTPR. Inoltre, per le medesime ragioni di compatibilità con il diritto euro-unionale ed al fine di evitare il rischio di discriminazione tra Gruppi domestici e multinazionali, la direttiva amplia il novero soggettivo di applicazione dell’IIR estendendola anche alle imprese o gruppi di imprese domestiche con ricavi superiori a 750 milioni di euro in almeno due dei precedenti quattro anni.
Nell’implementazione della direttiva, come precisato dall’explanatory memorandum alla proposta di direttiva, gli Stati membri dovranno garantire la coesistenza delle nuove regole con le norme antiabuso attualmente in vigore e, in particolare, con la disciplina CFC. Tale ultima disciplina pone, infatti, le proprie basi sul medesimo principio di imputazione del reddito prodotto dalla controllata estera alla controllante previsto anche per l’applicazione dell’IIR. Pertanto, riconosciuta la priorità della CFC domestica rispetto all’IIR, nell’implementazione della direttiva dovrà essere evitata l’emersione di fenomeni di doppia imposizione mediante il riconoscimento delle imposte versate dalla controllante in relazione alla propria controllata CFC come imposte da attribuire alla giurisdizione della CFC nel determinare l’effective tax rate ai fini dell’IIR. In particolare, l’art. 23 della proposta di direttiva e l’art. 4.3 delle Model Rules prevedono che, nel calcolare le Covered Tax di una giurisdizione ai fini di determinarne l’effective tax rate, debbano essere tenute in conto anche le imposte che la controllante di un’entità ivi stabilita corrisponde nel proprio Stato di residenza in ragione dell’applicazione della normativa CFC.
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