La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 20611 del 22 luglio 2025 si è pronunciata sul tema della motivazione delle sentenze nel processo tributario, dichiarando che la motivazione debba contenere, puntualmente, le ragioni gravi ed eccezionali necessarie ai fini della compensazione delle spese di giudizio, in deroga al principio della soccombenza.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, la parte ricorrente proponeva ricorso avverso la sentenza di appello, in ragione della decisione del giudice di secondo grado di compensare le spese di giudizio in virtù della “particolarità del caso trattato”.
La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo che la motivazione resa dal giudice di secondo grado fosse una motivazione apparente, per tale intendendosi la motivazione che, pur essendo graficamente esistente nel documento, non renda conoscibile l’iter logico al fondamento della decisione. La motivazione apparente, dunque, è tale poiché non permette di verificare la correttezza e la logicità del ragionamento del giudice. Nel caso di specie, la motivazione è stata ritenuta apparente poiché il giudice di secondo grado si è limitato a motivare la compensazione delle spese per la “particolarità del caso trattato”, senza però dimostrare le ragioni dell’effettiva peculiarità, che hanno motivato la decisione di compensare le spese.
Inoltre, la Corte di cassazione ha ritenuto che le “ragioni gravi ed eccezionali” richieste dall’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 devono risiedere nella condotta processuale della parte soccombente, in correlazione a fattori esterni che rendano non proporzionale l’applicazione del principio di soccombenza nella determinazione della condanna alle spese di lite e devono essere puntualmente indicate nella motivazione della sentenza
In conclusione, la Corte di cassazione ha dichiarato che non possano ritenersi “gravi ed eccezionali ragioni” la “peculiarità della fattispecie” (Cass. 14563/2008, Cass. 14411/2016), “la particolarità della fattispecie” (Cass. 27304/2023), ne “la natura della vertenza” (Cass. 37561/2022), tantomeno la “particolarità della materia trattata” (Cass, 24702/2023).
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