Con l’Ordinanza n. 14578 del 30 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha affermato un principio rilevante in materia di imposta di registro applicabile alle sentenze civili.
Il caso riguardava una sentenza che rideterminava il saldo di un rapporto bancario in seguito alla dichiarazione di nullità di clausole contrattuali, senza disporre una condanna espressa al pagamento.
L’Agenzia delle Entrate aveva comunque applicato l’aliquota proporzionale, sostenendo che si trattasse di una sentenza con effetti patrimoniali equiparabili a una condanna.
La Cassazione ha escluso tale ricostruzione, osservando che: (i) la sentenza ha natura meramente dichiarativa e ricognitiva, in quanto fotografa una situazione patrimoniale già esistente; (ii) non si tratta di un’obbligazione nuova o di una sentenza costitutiva, ma di una decisione con effetti restitutori o correttivi del rapporto originario; (iii) anche in assenza di una formale condanna nel dispositivo, l’atto non è soggetto a tassazione proporzionale, ma rientra tra quelli da assoggettare a imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, lett. b), della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/1986.
In conclusione, secondo la Corte, quando le sentenze si limitano a ricostruire il corretto assetto del rapporto contrattuale, senza introdurre nuovi obblighi di pagamento, non può giustificarsi un aggravio fiscale improprio.
#Cassazione #impostadiregistro #clausolenulle #impostadiregistro #misurafissa