Con l’Ordinanza n. 27140 del 10 ottobre 2025, la Sezione tributaria della Corte di cassazione ha esaminato un caso di accertamento induttivo puro fondato sul rinvenimento di alcune fatture presso un terzo soggetto.
L’Agenzia delle Entrate aveva ricostruito i maggiori redditi non dichiarati di un piccolo artigiano sulla base di sei fatture acquisite in fase di verifica. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia aveva annullato l’accertamento, ma con una motivazione definita “meramente apparente”.
A tal proposito, dunque, la Cassazione ha ricordato che: (i) la motivazione è solo apparente quando non consente di risalire al fondamento logico-giuridico della decisione; (ii) il giudice non può limitarsi a richiamare genericamente le risultanze del p.v.c. o a formulare giudizi apodittici; (iii) anche nel caso di accertamento induttivo puro, è necessario un ragionamento coerente e verificabile, che dia conto della valutazione degli indizi raccolti.
In conclusione, la pronuncia ha riaffermato che la motivazione deve essere reale, coerente e intellegibile, pena la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 D.lgs. n. 546/1992.
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