Con l’Ordinanza n. 25050 dell’11 settembre 2025, la Sezione tributaria della Cassazione è intervenuta su un accertamento fondato su accessi presso lo studio e l’abitazione di un professionista, fissando principi rilevanti su due fronti.
- Anzitutto la Corte ha affrontato il tema del contraddittorio endoprocedimentale (art. 12, c. 7, l. n. 212/2000), ed ha ribadito che, quando l’accertamento segue accessi/verifiche, l’Ufficio deve attendere 60 giorni dal PVC prima di emettere l’avviso. La violazione del termine comporta la nullità dell’atto.
- Per quanto riguarda l’accesso domiciliare (art. 52, c. 2, DPR 633/1972; art. 33 DPR 600/1973), i giudici hanno precisato che l’autorizzazione del Procuratore è sindacabile dal giudice tributario e deve contenere una motivazione specifica circa i “gravi indizi” di violazioni fiscali. Dunque, non bastano formule stereotipate o rinvii generici. Se la motivazione manca o è meramente apparente, l’accesso è illegittimo e gli elementi acquisiti non possono fondare l’avviso.
In conclusione, la Cassazione ha inteso rafforzare le garanzie difensive del contribuente, sia sul piano del termine di 60 giorni, sia soprattutto sulla necessità di un’autorizzazione domiciliare realmente motivata.
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