Con l’Ordinanza interlocutoria n. 11910 del 6 maggio 2025, la Corte di cassazione ha sospeso la decisione su un ricorso tributario avente ad oggetto la legittimità di un accertamento basato su documentazione acquisita mediante accesso presso la sede di una società, senza previa autorizzazione giudiziaria, ma solo su ordine del Comandante della Guardia di Finanza.
La Corte ha rilevato la sopravvenienza della sentenza CEDU Italgomme Srl e altri c. Italia, che ha censurato l’ordinamento italiano per violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto: (i) non prevede garanzie sufficienti a tutela del diritto al rispetto del “domicilio professionale” del contribuente; (ii) affida un potere di accesso potenzialmente illimitato alle autorità fiscali e alla Guardia di Finanza; (iii) non bilancia tale potere con adeguati strumenti di controllo giurisdizionale ex ante o ex post.
Nel caso concreto, la società ricorrente contesta la nullità dell’avviso di accertamento fondato su documenti acquisiti in violazione del diritto al rispetto del domicilio, chiedendo alla Corte:
La Cassazione ha assegnato alle parti e al Pubblico Ministero un termine di 60 giorni per il deposito di osservazioni, riservando ogni decisione all’esito della verifica della compatibilità della normativa interna con il diritto convenzionale.
In conclusione, con l’Ordinanza n. 11910/2025, la Cassazione ha valutato la possibilità di una futura disapplicazione o declaratoria di incostituzionalità delle norme interne che consentono accessi fiscali senza autorizzazione giudiziaria. Una decisione destinata ad avere riflessi profondi sull’operatività degli accertamenti e sulla tutela del contribuente-persona giuridica, finalmente assimilata a quella delle persone fisiche in tema di domicilio e garanzie difensive.
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