Con la pronuncia n. 27096 del 9 ottobre 2025, la Cassazione si è pronunciata sul tema della deducibilità della perdita su crediti a seguito di accordo transattivo.
Nel caso di specie, la Società contribuente aveva concluso una transazione con la propria società debitrice rinunziando in parte al credito ed ottenendo, ad estinzione del residuo, la cessione a proprio favore di un ramo d’azienda della stessa.
In conseguenza di tale operazione, la società aveva iscritto una perdita su crediti, la cui deducibilità era stata tuttavia disconosciuta dall’Amministrazione finanziaria poiché non emergevano le ragioni economiche della scelta. Non risultavano, in particolare, elementi dai quali potesse desumersi l’inesigibilità del credito rinunziato o la difficoltà nel relativo recupero. Pertanto, a seguito di avviso di accertamento notificato alla società con il quale l’Ufficio recuperava a tassazione gli importi dei quali era stata disconosciuta la deducibilità, la contribuente instaurava il giudizio dinanzi ai giudici tributari.
Avverso la sentenza della CTR, l’Ufficio propone ricorso per Cassazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto sufficiente a giustificare la cancellazione dal bilancio dei crediti oggetto di rinuncia la comprovata esistenza di una transazione su un credito della società, con conseguente violazione dell'art. 101, comma 5, TUIR, e nella parte in cui non illustrava validamente le ragioni giuridiche ed economiche che sorreggevano la transazione.
La Cassazione rigetta le doglianze dell’Agenzia delle Entrate, in primo luogo ritenendo che, la transazione intervenuta con il debitore, consente al creditore di dedurre la relativa perdita, rilevando quest’ultima in modo oggettivo e, dunque, indipendentemente dalla circostanza che l’ha determinata. Pertanto, la valutazione positiva sulla deducibilità della perdita risulta fondata sulla considerazione di fatti oggettivi, che rendono ragionevole e giustificata la scelta del contribuente di transigere per importo inferiore al credito originario.
In secondo luogo, la Suprema Corte stabilisce che non occorre la prova del creditore di essersi positivamente attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell’insolvenza del debitore, essendo sufficiente che le perdite risultino documentate in modo certo e preciso, secondo quanto stabilito dall’art. 101, comma 5, TUIR.
Infine, il bilancio della debitrice, prodotto dalla contribuente, costituiva sufficiente termine di riscontro di una situazione che rendeva ragionevole la rinuncia parziale al credito.
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