11/4/2022

Ordinanza della Corte di Cassazione n. 10387 del 31 marzo 2022

Con l’Ordinanza n. 10387 del 31 marzo 2022 la Corte di Cassazione si è nuovamente espressa in merito agli effetti fiscali della rinuncia all’eredità.  

In particolare, la Suprema Corte è stata chiamata ad esprimersi in merito alla legittimità di una cartella di pagamento emessa nei confronti del chiamato all’eredità, che poneva in riscossione un avviso di accertamento, non impugnato, notificato al contribuente, quale coobbligato solidale del de cuius, prima che lo stesso rinunciasse all’eredità.

Ebbene la Corte di Cassazione ha innanzitutto ribadito che la rinuncia all’eredità ha effetto retroattivo e pertanto il chiamato all’eredità che vi abbia rinunciato non risponde dei debiti del defunto. Ed infatti, posto che ai sensi dell’art. 521 c.c. “chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse stato mai chiamato”, il contribuente può opporsi alla cartella di pagamento emessa nei suoi confronti senza che sul punto l'omessa impugnazione dell'avviso di accertamento notificato al medesimo dopo l’apertura della successione possa assumere rilevanza.  

A tal proposito, la Cassazione ha altresì specificato che nel caso di specie la legittimità della cartella di pagamento non potrebbe comunque fondarsi in base all’art. 7 del d.lgs. 346/1990, ai sensi del quale “fino a quando l'eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l'imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato”. Ed infatti, come osservato dalla Suprema Corte, tale disposizione, che comporta un’eccezione ai principi generali in tema di obbligazione, non è applicabile ai tributi posti a carico del de cuius ma è dettata unicamente con riferimento all’imposta di successione.

Pertanto, la Cassazione ha concluso che ove l’Amministrazione finanziaria, nonostante la rinuncia all’eredità, ritenga siano sussistenti i presupposti per la configurazione della c.d. accettazione tacita ex art. 485 c.c. – ai sensi del quale “il chiamato all'eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia della devoluta eredità …trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice” – è onere dell’Agenzia delle Entrate, quale attore in senso sostanziale, dimostrare che il chiamato all’eredità si trovasse nel possesso dei beni ereditari.

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