Con la sentenza n. 23223 del 25 luglio 2022, la Corte di Cassazione ha ribadito che il termine dilatorio di 60 giorni per la notifica dell’atto impositivo previsto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente deve essere necessariamente rispettato – anche – nei casi di emissione di un atto di recupero del credito, avendo questo la medesima natura dell’avviso di accertamento.
In particolare, i giudici della Corte di Cassazione hanno affermato che l’obbligo in capo all’Ufficio di rispettare il termine dilatorio di 60 giorni prima di procedere con la notifica dell’atto impositivo affinché il contribuente possa presentare osservazioni non è escluso per “il fatto che la norma faccia espresso riferimento all'avviso di accertamento” anziché all’atto di recupero del credito. E’, invero, già consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo cui “in tema di diritti e garanzie del contribuente, all'avviso di recupero di credito d'imposta è applicabile il termine dilatorio di sessanta giorni dalla conclusione della verifica fiscale previsto dalla L. n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7, in ragione della sostanziale equiparazione tra tale atto accertativo della pretesa tributaria, con natura impositiva, e l'avviso di accertamento”. A dire dei giudici della Suprema Corte, infatti, il termine di cui all’art. 12, comma 7, cit. è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale e rappresenta, quindi, “espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente”.
Ad avviso degli ermellini, non può nemmeno assumere rilevanza la circostanza che il contraddittorio si sarebbe realizzato “addirittura anteriormente alla chiusura dell'accertamento”. E’, anche in questo caso, orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui “la perentorietà dell'obbligo di concedere un termine dilatorio nella misura indicata … non è affatto superata dal contraddittorio anteriormente formatosi, e il legislatore esige che al contribuente sia lasciato l'intero lasso di tempo previsto per interloquire”.
La posizione assunta dalla Suprema Corte appare senz’altro condivisibile, risultando inoltre uno spunto difensivo assai utile nei sempre più frequenti casi di emissione ante tempus di atti di recupero del credito (in particolare, del credito di imposta ricerca e sviluppo di cui all’art. 3 del d.l. 145/2013) che l’Agenzia delle Entrate ritiene legittima laddove sia stato svolto un contraddittorio prima della conclusione della verifica e della comunicazione dei rilievi mossi.
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