Con l’ordinanza n. 33893 del 14 settembre 2022, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di indebita compensazione, ribadendo che il reato di indebita compensazione può configurarsi sia in caso di compensazione "verticale", riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione "orizzontale", concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, compresi i contributi previdenziali e assistenziali.
In particolare, nel caso di specie, la sentenza di secondo grado aveva condannato l’imputato per il reato di cui all'art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000, per avere, quale amministratore di una società, omesso di versare ritenute fiscali, contributi previdenziali e assicurativi, utilizzando indebitamente in compensazione, a mezzo di modelli F24, somme derivanti da crediti tributari inesistenti (per complessivi euro 79.423,71), con l'aggravante della recidiva reiterata.
La Suprema Corte, confermando la decisione dei giudici di secondo grado, ha ricordato come la ratio dell'art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000 va ricercata nella necessità, per il legislatore, di punire tutti quei comportamenti che, attraverso l'indebito ricorso all'istituto della compensazione tributaria, si concretizzino in un omesso versamento di quanto dovuto allo Stato e, conseguentemente, nel conseguimento di un indebito risparmio d'imposta da parte del soggetto contribuente. Per tale ragione “l'indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell'Iva, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta (ex plurimis, Sez. 3 n. 13149 del 3.3.2020, Rv. 279118; Sez. 3, n. 5934 del 12.9.2018, Rv. 275833; Sez. 3, n. 8689 del 30.10.2018, Rv. 275015; 4.2.2015, n. 5177; Sez. 3, n. 15236 del 16.1.2015, Rv. 263051; Sez. 3, n. 42462 del 11.11.2010, Rv. 248754). La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l'omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario”.
Nella sentenza in commento, dunque, la Suprema Corte aderisce alla tesi, ormai maggioritaria, che riconosce la sussistenza del reato di indebita compensazione ogniqualvolta vi sia un indebito risparmio d’imposta attuato attraverso la compensazione con crediti inesistenti o non spettanti, a prescindere dalla natura tributaria dei medesimi (da ultimo, Cass. 11600/2022). Tale orientamento si contrappone a quello, ormai minoritario e superato, secondo cui il reato in questione si configura solo se l'omesso versamento realizzatosi in conseguenza dell'indebita compensazione riguarda Iva o imposte sui redditi (Cass. n. 38042/2019).
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