La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n.36097 del 23 novembre 2021 ha ribadito che la genericità della fattura non basta ad escludere la deducibilità dei costi, se supportata da una documentazione idonea a ricavare la ragione e la coerenza economica dell’operazione.
In particolare, i giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la censura del contribuente il quale aveva domandato la cassazione della sentenza di appello posto che i giudici di secondo grado non avevano fornito alcuna spiegazione sull’irrilevanza della documentazione allegata dalla contribuente, pervenendo a una motivazione contraddittoria ed escludendo la prova dell’inerenza dei costi senza tuttavia considerare l’attività svolta dalla società e il servizio a cui si riferivano le fatture in esame.
Richiamando l’ormai consolidato orientamento dei giudici di legittimità, la Corte ha ribadito che se da un lato “sia in tema di imposizione diretta sia in tema di Iva, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell'impresa soltanto se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21,ed idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate” dall'altro, tuttavia allorquando l’Ufficio ne contesti la genericità, in ogni caso “la parte contribuente può comunque integrare il contenuto della fattura con elementi di prova idonei a dimostrare la deducibilità dei costi (cfr. Cass. n.1147/2010)”.
# accertamento # deducibilità costi # fatture generiche