Con la risposta n. 145 del 22 marzo 2022, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad esprimersi in merito alla spettanza del credito di imposta in relazione ad imposte prelevate in Paesi con cui l’Italia ha concluso una convenzione contro le doppie imposizioni affermando che non può essere riconosciuto il credito d'imposta di cui all’art. 165 del TUIR laddove il prelievo fiscale effettuato dall’altro stato contraente non sia conforme alle disposizioni del trattato.
In particolare, l’Istante ALFA, una società residente in Italia, ha fatto presente di aver stipulato un contratto pluriennale con una società fiscalmente residente in Kazakistan, BETA, per la prestazione di servizi di ingegneria e progettazione di impianti e di aver ricevuto nei periodi di imposta dal 2017 al 2019 i compensi relativi a tale contratto pluriennale senza applicazione di alcuna ritenuta alla fonte da parte della Società Kazaka, qualificandosi tali compensi come redditi di impresa non tassabili in Kazakistan in assenza di una stabile organizzazione in forza di quanto disposto dall’art. 7 della Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa tra Italia e Kazakistan.
Ciò nonostante, l’Istante ha rilevato come l’Amministrazione Finanziaria del Kazakistan a seguito di una verifica fiscale abbia contestato l’omessa applicazione della ritenuta del 20 per cento sui pagamenti effettuati in favore dell’Istante e ciò in quanto secondo l’Amministrazione nel caso di specie non sarebbe direttamente applicabile la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Kazakistan, stante la presenza di una stabile organizzazione di Alfa nel Paese, sebbene come esposto dall’Istante tale stabile organizzazione risultasse priva di personale e non fosse più operativa sin dal 2016.
A fronte di ciò, l’Istante ALFA ha interpellato l’Amministrazione finanziaria al fine di comprendere se fosse possibile ottenere in Italia il riconoscimento del credito per le imposte accertate in Kazakistan.
Ebbene, l’Agenzia delle Entrate dopo aver premesso che ai fini del riconoscimento del credito nello Stato di residenza (nel caso di specie l'Italia), occorre verificare che l'imposizione applicata dall'altro Stato contraente (nel caso di specie il Kazakistan) sia conforme al Trattato, ha precisato come l'articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione in vigore tra Italia e Kazakistan, nel ripartire la potestà impositiva tra gli Stati contraenti, stabilisca che gli utili di un'impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione, ivi situata. Se l'impresa svolge in tal modo la sua attività, gli utili dell'impresa sono imponibili nell'altro Stato ma soltanto nella misura in cui detti utili sono attribuibili alla stabile organizzazione.
Ne consegue che, poiché nel caso di specie, gli utili non sono imputabili alla stabile organizzazione come chiarito dall’Istante, trova applicazione la regola della potestà impositiva esclusiva in capo allo Stato di residenza dell'impresa (l’Italia).
Pertanto, chiarisce l’Agenzia delle Entrate, poiché la pretesa impositiva avanzata dall'Amministrazione finanziaria kazaka non è conforme alla Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa con l'Italia, ciò comporta che, da parte italiana, non può essere riconosciuto il credito d'imposta ammesso dall'articolo 23 del Trattato, poiché il rimedio alla doppia imposizione presuppone che gli Stati contraenti esercitino il rispettivo potere di tassazione nei casi e secondo le modalità prescritte dalle previsioni convenzionali.
L’unico rimedio eventualmente esperibile per rimediare alla doppia imposizione può consistere nella richiesta di rimborso da rivolgere alle autorità kazake ovvero nella richiesta di apertura di una procedura amichevole ai sensi dell'articolo 25 del Trattato, lamentando un'imposizione non conforme alle disposizioni convenzionali.
La risposta fornita dall’Amministrazione finanziaria, sebbene in linea con quanto ritenuto nella precedente circolare n. 9 del 2015 “Disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero” laddove era stato chiarito che il diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione, purché l’assoggettamento ad imposizione sia conforme alla specifica Convenzione applicabile, non è condivisibile. Ed infatti, laddove “si pone un problema di qualificazione del reddito” agli effetti dell’applicazione di una convenzione internazionale contro la doppia imposizione, in mancanza di un’apposita definizione prevista dalla medesima convenzione, trova applicazione il principio stabilito dall’art. 3, comma 2, del Modello di convenzione OCSE, cui è conforme anche la convenzione Italia-Kazakistan, in forza del quale “la definizione … deve essere rinvenuta, ai fini dell’applicazione convenzionale, nello stato della fonte” (così Cass., sez. Tributaria, 29 settembre 2006, n. 21220; nello stesso senso anche Cass., sez. Tributaria, 25 marzo 2004, n. 6038).
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