10/10/2022

Risposta ad interpello n. 489 del 5 ottobre 2022

Con la Risposta ad interpello n. n. 489 del 5 ottobre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito i criteri interpretativi utilizzabili al fine di individuare i servizi riconducibili nella nozione di “gestione di fondi comuni di investimento” esenti IVA ai sensi dell’10, primo comma, n. 1), del d.P.R. n. 633/1972.

Nel caso di specie, l’istante ha rappresentato di essere una società di gestione collettiva del risparmio (SGR) e di aver stipulato vari contratti con soggetti terzi per esternalizzare alcune funzioni di gestione e amministrazione di un Fondo comune di investimento alternativo (FIA) da lei gestito, interrogando l’Agenzia delle Entrate sulla possibilità di beneficiare dell’esenzione prevista dall’10, primo comma, n. 1), del d.P.R. n. 633/1972.

Non potendo direttamente qualificare i servizi illustrati, l’Agenzia delle Entrate si è limitata a richiamare i principi elaborati in materia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In particolare, ha ricordato che "al fine di stabilire se le prestazioni fornite da un terzo a una società di gestione ricadano nell'esenzione di cui all'articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA, occorre esaminare se il servizio fornito da detto terzo presenti un nesso intrinseco con l'attività propria di una società di gestione, di modo che abbia l'effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali della gestione di un fondo comune d'investimento (v., in tal senso, sentenza del 7 marzo 2013, GfBk, C-275/11, EU:C:2013:141, punto 23)".

Tali principi sono stati fatti propri dall’Amministrazione finanziaria che, in recenti documenti di prassi, ha affermato  a titolo esemplificativo che sono “riconducibili nell'esenzione IVA per i servizi di gestione dei fondi comuni d'investimento quei servizi di consulenza attinenti l'analisi del potenziale tecnologico d'innovazione di possibili società target, tenendo conto dei diversi aspetti concernenti le società target esaminate, dalle informazioni societarie, al posizionamento sul mercato e alle relative opportunità, alla descrizione delle strategie aziendali, ai profili tecnologici fino a taluni dati finanziari (ricavi, costo del venduto e utile operativo)” (interpello n. 527/2021) e che “una prestazione di servizi composita, sotto il profilo IVA, erogata a favore di un soggetto che gestisce sia organismi di investimento collettivo del risparmio riconducibili a quelli della fattispecie esentativa sia fondi non assimilabili ai predetti organismi collettivo del risparmio non può beneficiare del regime di esenzione IVA previsto dal richiamato art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006. Pertanto, l'esenzione in esame non trova applicazione laddove si configuri una complessa prestazione servizi non frazionabile, utilizzabile "indifferentemente" per la gestione di fondi comuni d'investimento e per quella di altri fondi e non, invece, un servizio destinato a soddisfare funzioni specifiche ed essenziali della gestione di fondi comuni d'investimento” (interpello n. 206/2022).

Alla luce dei principi sopra illustrati, sarà compito dell’interprete, considerate le caratteristiche soggettive del FIA in esame e quelle oggettive dei variegati servizi disciplinati dai numerosi contratti elencati nelle premesse, valutarne la riconducibilità nel predetto regime di esenzione

L’Agenzia delle Entrate, dunque, con l’interpello in commento ha ribadito le opinioni rese con i propri precedenti documenti di prassi, confermando come, in mancanza di una precisa definizione della nozione di “gestione di fondi comuni d’investimento” nell'art. 135, paragrafo 1, lettera g), della Direttiva 2006/112/CE e nell’art. 10 primo comma, n. 1), del d.P.R. n. 633/1972, sia necessario seguire i principi e i criteri elaborati in materia dai giudici comunitari.

#AgenziadelleEntrate #Iva #esenzione

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