risposta ad interpello n. 555 dell’8 ottobre 2022

l’Agenzia delle Entrate ha confermato che la fusione per incorporazione con finalità riorganizzative che coinvolge enti non commerciali (enti ecclesiastici)...

Con la risposta ad interpello n. 555 dell’8 ottobre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che la fusione per incorporazione con finalità riorganizzative che coinvolge enti non commerciali (enti ecclesiastici) è neutrale ai fini fiscali a condizione che (e nei limiti in cui) i beni gestiti dall’ente incorporato in regime di impresa confluiscano nell’attività di impresa dell’ente incorporante.

In particolare, la questione è stata sottoposta dall’Agenzia delle Entrate da un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, iscritto al Registro delle Persone Giuridiche tenuto presso la Prefettura, facente parte di una Congregazione, ente ecclesiastico di diritto pontificio civilmente riconosciuto, interessato a conoscere il trattamento fiscale da riservare all’ipotesi della fusione per incorporazione di altri due enti ecclesiastici, anch’essi civilmente riconosciuti.

In tale contesto, l’ente istante ha avuto altresì modo di precisare che “negli enti ecclesiastici interessati dalla operazione di fusione sono rinvenibili sia “attività di religione e di culto”, sia “attività diverse” e che i beni, come accade in caso di estinzione di un soggetto giuridico canonico, rimangono comunque destinati ad una delle attività di cui al paragrafo 2 del canone 1254”. In altre parole, quindi, la fusione verrà realizzata mantenendo in capo all'ente incorporante la destinazione originaria dei beni all'attività istituzionale o commerciale, come già rinvenibile in capo agli enti incorporati, in sostanza “aggregando” rispettivamente, le attività istituzionali con i relativi patrimoni e le attività commerciali con i relativi patrimoni.

L’Agenzia delle Entrate, ponendosi in linea con i suoi precedenti orientamenti (cfr., risoluzione 152/E del 2008), conferma che l’operazione di fusione che coinvolge due enti religiosi può considerarsi non realizzativa ai fini Ires e, quindi, beneficiare della neutralità ai fini fiscali (articolo 172 del TUIR), subordinatamente a determinate condizioni. Segnatamente, secondo l’Agenzia, la fusione non è realizzativa “limitatamente ai beni gestiti dall'ente incorporato in regime di impresa (e, pertanto, indicati nell'inventario, ai sensi dell'articolo 144, comma 3, del TUIR) che, dopo la fusione, confluiscano nell'attività d'impresa dell'ente incorporante”, mentre “qualora … detti beni non confluiscano in un'attività d'impresa dell'ente incorporante, gli stessi si considerano realizzati a valore normale - in analogia a quanto disposto dall'articolo 171, comma 1 del TUIR in materia di trasformazione eterogenea - generando plusvalenze imponibili a causa della loro destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa”. Allo stesso modo, anche per i beni relativi all'attività istituzionale dell'ente incorporato occorre distinguere a seconda dell'attività in cui gli stessi confluiscono in conseguenza dell'operazione di fusione. In relazione ai beni non relativi ad impresa che confluiscono nell'impresa, trova applicazione in via analogica l'articolo 171, comma 2 del TUIR che, in caso di trasformazione da ente non commerciale in società commerciale, rinvia alla disciplina del conferimento per i beni non ricompresi nell'azienda o nel complesso aziendale dell'ente stesso. L'assimilazione del conferimento alla cessione a titolo oneroso, rilevante ai fini delle imposte sui redditi ai sensi dell'articolo 9 del TUIR, determina che i beni relativi all’attività istituzionale che confluiscano nella sfera commerciale dell'ente incorporante, devono intendersi realizzati in base al valore normale, generando in capo all'ente incorporato, sempre che ne sussistano i presupposti, una plusvalenza imponibile ai sensi degli articoli 67 e 68 del Tuir. Infine, nel caso di beni non relativi all'impresa che confluiscono nell'attività istituzionale dell'incorporante, l'operazione sarà fuori dal regime d'impresa.

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