Con la risposta ad interpello n. 761 del 2021, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alle modalità attraverso cui il contribuente può “recuperare” il disallineamento tra i valori civilisti e fiscali di taluni beni materiali ammortizzabili emerso in seguito alla variazione della loro vita utile, chiarendo che tale recupero debba avvenire mediante una variazione in diminuzione ai fini IRES da operare, non al termine del periodo di ammortamento civilistico, bensì nel primo periodo di imposta in cui vi è capienza per la deduzione di un’ulteriore quota di ammortamento fiscale, sempre nei limiti delle aliquote tabellari previste dal DM 31 dicembre 1988.
In particolare, la società istante IAS adopter, dopo aver descritto l’origine del disallineamento tra il valore civilistico e fiscale emerso con riferimento a taluni dei beni materiali ammortizzabili iscritti nel suo bilancio conseguente, come detto, alla variazione della vita utile di tali beni in un periodo di imposta successivo a quello di entrata in funzione, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate come operare per recuperare il disallineamento emerso nell’anno di entrata in funzione del bene ed oggetto di un’apposita variazione in aumento nella dichiarazione dei redditi di tale periodo di imposta, prospettando due ipotesi. Nella prima di queste ipotesi, tale disallineamento sarebbe assorbito, mediante una variazione in diminuzione da operare nel modello dichiarativo, nel primo periodo di imposta in cui la quota di ammortamento civilistica imputata a conto economico risulti inferiore a quella fiscalmente deducibile determinata su base dei coefficienti tabellari individuati dal DM 31 dicembre 1988, mentre, nella seconda ipotesi, il disallineamento sarebbe assorbito, sempre mediante una variazione in diminuzione da operarsi, però, nel modello dichiarativo del periodo di imposta in cui ha termine l’ammortamento civilistico del bene.
L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ricordato i principi generali secondo cui la deduzione delle quote di ammortamento "è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con” il DM31 dicembre 1988 (art. 102, comma 2, del TUIR) ed è consentita nel rispetto del principio di previa imputazione al conto economico, di cui all'art. 109, comma4, del TUIR, ha concluso per ritenere corretta la prima delle due ipotesi prospettate dal contribuente. Ad avviso dell’Agenzia, possono infatti ritenersi validi “i principi espressi dalla risoluzione n. 98/E del 2013, che consentono di riassorbire il disallineamento derivante dalla svalutazione solo civilistica attraverso un incremento delle quote annue di ammortamento fiscale (fino al limite massimo costituito dal coefficiente tabellare)”, con la conseguenza che, nel caso di specie, la variazione in diminuzione ai fini IRES dovrà essere effettuata “nel primo periodo di imposta in cui vi è "capienza" per la deduzione di un'ulteriore quota di ammortamento fiscale, fino alla quota massima calcolata in applicazione delle aliquote tabellari previste dal decreto ministeriale del 31 dicembre 1988”.
La posizione assunta dall’Agenzia appare condivisibile, sebbene sarebbe stato utile uno specifico chiarimento anche in merito al trattamento da riservare ai fini IRAP ad un simile disallineamento. Ragionevolmente, dovrebbero valere, anche in questo caso, i chiarimenti forniti dalla risoluzione n. 98/E del 2013 in tema di svalutazione. Sul punto, il documento di prassi ha chiarito, infatti, che il recupero della svalutazione non dedotta deve essere effettuato “applicando il criterio di ammortamento contabile, ossia ripartendo il valore IRAP del bene(valore contabile residuo al lordo della svalutazione fiscalmente non dedotta)sulla base della vita utile residua” e che “di conseguenza, la quota di ammortamento deducibile ai fini IRAP è pari ad una quota dedotta per derivazione in quanto imputata al conto economico e una quota dedotta attraverso una variazione in diminuzione nella dichiarazione IRAP”.
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