Con la sentenza n. 11642/2023 la Suprema Corte di Cassazione, in continuità con i suoi ultimi arresti, ha espresso il principio secondo cui ai sensi dell’art. 109, comma 5, del TUIR gli interessi passivi sono sempre deducibili senza che sia necessario operare alcun giudizio di inerenza
In particolare, nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate a seguito di una verifica fiscale aperta nei confronti di una ditta individuale, aveva contestato al contribuente, fra i diversi rilievi, altresì l’indeducibilità degli interessi passivi per mancanza del requisito di inerenza.
La CTR ha ritenuto fondata la tesi dell’Agenzia delle Entrate e pertanto rigettato l’appello del contribuente sul punto.
Tuttavia, la Suprema Corte, riformando la sentenza dei giudici di appello, ha ritenuto fondato il ricorso formulato dal contribuente riconoscendo come sarebbe incorsa in errore la CTR nella parte in cui ha confermato il disconoscimento degli interessi passivi portati in deduzione, in quanto costi non inerenti.
Ad avviso dei giudici di legittimità, infatti, deve rilevarsi come “ai sensi dell’art. 109, comma 5, d.P.R. n. 917/1986, gli interessi passivi sono sempre deducibili (anche se nei limiti di cui all’art. 96), senza che sia necessario operare alcun giudizio di inerenza: ciò in quanto gli interessi passivi sono oneri generati dalla funzione finanziaria, che afferiscono all’impresa nel suo essere e progredire, e dunque non possono essere specificamente riferiti ad una particolare gestione aziendale o ritenuti accessori ad un particolare costo”.
L’ordinanza in commento ha dunque dato seguito all’orientamento più recente della Suprema Corte secondo cui per un soggetto Ires gli oneri finanziari sono deducibili (con le limitazioni imposte dall’articolo 96 del Tuir) a prescindere dal giudizio di inerenza.
Va tuttavia considerato che sul punto non vi è un orientamento univoco e consolidato. Ed infatti di diverso avviso è non solo parate della dottrina ma altresì una parte della giurisprudenza di Cassazione e di merito, la quale non attribuisce rilevanza, a questi fini, al citato comma 5 dell’articolo 109 del Tuir; ma qualifica l’inerenza come un concetto immanente nella disciplina del reddito d’impresa, a cui devono sottostare tutti i componenti e, quindi, anche gli interessi passivi.
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