Sentenza della Corte di Cassazione n. 16675 del 24 maggio 2022

la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui l’accertamento con adesione vincola sia il contribuente che l'Amministrazione finanziaria e...

Con la sentenza n. 16675, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui l’accertamento con adesione vincola sia il contribuente che l'Amministrazione finanziaria e, in particolare, preclude a quest'ultima una ulteriore attività accertatrice (salve le deroghe previste dall'art. 2, comma 4, D.lgs. n. 218/97) solo per il periodo di imposta interessato dall'accordo. Di contro, tale efficacia vincolante non si estende ad altri periodi d'imposta.

In particolare, nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso formulato dal Ricorrente secondo cui l’avvenuta qualificazione – nell’accertamento con adesione del 2010 – di un’operazione come cessione di partecipazioni, avrebbe precluso all'Agenzia delle Entrate di qualificare, per gli anni successivi, la qualificazione della medesima operazione come conferimento di partecipazioni, al fine di operare la tassazione delle somme pervenute ai soci della Società come dividendi. Secondo la Suprema Corte, infatti, l'accertamento con adesione vincola sia il contribuente che l'Amministrazione finanziaria e, in particolare, preclude a quest'ultima una ulteriore attività accertatrice (salve le deroghe previste dall'art. 2, comma 4, D.lgs. n. 218/97) solo per il periodo di imposta interessato dall'accordo, che costituisce il limite oggettivo della definizione concordata fra le parti, definizione che peraltro, nel caso di specie, ebbe ad oggetto soltanto il quantum debeatur della pretesa impositiva, essendo in discussione unicamente la plusvalenza derivante dalla cessione. Al contrario, per gli altri periodi d'imposta, l'accertamento con adesione non ha carattere vincolante per le parti, non potendo essere paragonato ad un giudicato, con gli effetti esterni tipici di questo, con particolare riferimento ai presupposti fattuali posti a fondamento della pretesa impositiva.

Sul punto, affermano i giudici di legittimità, va evidenziato che, in materia tributaria, l'accertamento con adesione, pur essendo il risultato di un accordo tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente, costituisce una forma di esercizio del potere impositivo, non assimilabile, in quanto tale, ad un atto di diritto privato, sicché esso non ha natura di atto amministrativo unilaterale, né di contratto di transazione, stante la disparità delle parti e l'assenza di discrezionalità in ordine alla pretesa tributaria, ma configura un accordo di diritto pubblico, il quale, in ragione di ciò, non è soggetto alle disposizioni del codice civile in tema di transazione, ma alla speciale disciplina pubblicistica contenuta nel D.lgs.. n. 218 del 1997, avente carattere cogente siccome afferente all'obbligazione tributaria, ai suoi presupposti e alla base imponibile (in tal senso Cass. 26 maggio 2021, n. 14568).

Proprio il profilo dell'accordo, tuttavia, limita l'efficacia dell'accertamento entro i limiti (contenutistici e temporali) in cui tale accordo si è formato, non potendosi quindi estendere l'efficacia di tale accordo, con riferimento ai presupposti ed al periodo dell'imposta, oltre i termini ed i limiti in esso indicati. In ragione di ciò, non può certo affermarsi che l'Amministrazione finanziaria, procedendo all'accertamento per gli anni successivi, abbia violato il canone di correttezza di cui all'art. 10, comma 1, dello Statuto del contribuente, non potendosi certo considerare l'accordo raggiunto per un determinato periodo d'imposta ostativo con riferimento ad accertamenti relativi a periodi d'imposta successivi, tanto più che, essendosi in presenza di comportamenti elusivi, il contribuente non può considerarsi sorpreso dall'attività accertatrice dell'Amministrazione finanziaria.

Seppur condivisibile il ragionamento seguito nella sentenza in commento dai giudici di legittimità, tale statuizione sembra tuttavia discostarsi dal precedente orientamento della stessa Suprema Corte (cfr. sentenza 12372/2021) secondo cui sarebbe lesiva del principio di collaborazione e buona fede la condotta dell’Ufficio che dopo aver emesso gli atti di accertamento con adesione per alcune annualità d’imposta, provveda poi per le restanti annualità ad emettere nuovi avvisi di accertamento avanzando una maggiore pretesa.

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