Con la sentenza n. 22453 del 18 luglio 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla possibilità di impugnare il secondo diniego espresso su istanza di rimborso presentata dal contribuente, stabilendo che anche tale diniego, a condizione che non sia meramente confermativo del precedente provvedimento di diniego, costituisce un atto autonomamente impugnabile.
Nel caso oggetto del giudizio, la società ricorrente aveva impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale il provvedimento di diniego espresso formulato dall’Agenzia delle Entrata a fronte della seconda richiesta di rimborso per le ritenute applicate sugli interessi, presentata allorquando la società aveva già ricevuto un primo diniego espresso. Nella sentenza impugnata innanzi alla Suprema Corte, i giudici della Commissione Tributaria Regionale, confermando la sentenza di primo grado resa, avevano ritenuto che il provvedimento impugnato, dovendosi considerare meramente confermativo del primo provvedimento di diniego, non potesse qualificarsi come atto autonomamente impugnabile.
Ad avviso della società, tuttavia, la statuizione resa dai giudici di merito non poteva considerarsi legittima, atteso che il secondo provvedimento di diniego, contenendo una valutazione di merito della seconda istanza di rimborso avanzata dalla società contribuente e presupponendo un'ulteriore attività istruttoria basata su nuovi documenti, doveva considerarsi un atto autonomamente impugnabile.
Nella sentenza in commento, gli ermellini, accogliendo le doglianze mosse dalla società contribuente, hanno affermato che il seguente principio di diritto: «Nel giudizio tributario, costituisce atto autonomamente impugnabile, ai sensi dell'art. 19 DLgs. 31 dicembre 1992 n. 546, il diniego di rimborso che non sia meramente confermativo di un precedente provvedimento di diniego, ma pervenga ad una conferma delle determinazioni già assunte a seguito di un supplemento istruttorio e contenga un'autonoma rivalutazione dell'istanza originaria, sulla base di un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata; ricorre invece un atto meramente confermativo, non autonomamente impugnabile, quando l'amministrazione, a fronte di un'istanza di riesame, si limiti a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione».
A sostegno di tale interessante principio di diritto, la Corte di Cassazione ha richiamato alcune sentenze rese dalla giurisprudenza amministrativa, in cui era stato chiarito che allo scopo di stabilire se un atto amministrativo è meramente confermativo, e perciò non impugnabile, o di conferma in senso proprio e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini, occorre verificare se l'atto successivo è stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi, precisando che “non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dare luogo a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione” mentre “ricorre … l'atto meramente confermativo quando l'amministrazione, a fronte di un'istanza di riesame si limita a dichiararne l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione” (Cons. Stato Sez. IV, sentenza del 12 febbraio 2015, n. 758 e del 14 aprile 2014, n. 1805).
La posizione assunta dai giudici della Suprema Corte appare condivisibile. Da sottolineare che tale pronuncia si pone in discontinuità con alcuni precedenti di legittimità che avevano, invece, stabilito che il termine per l’impugnazione va computato sempre in riferimento al primo diniego, sia esso tacito o espresso
(Cass. 10 giugno 2005 n. 12336 e 4 dicembre 2014 n. 25699).
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