Sentenza n. 6050 del 28 febbraio 2023

la Corte di Cassazione ha affermato che l’esenzione da ritenuta di cui all’art. 26-quater del d.P.R. n. 600/73 sugli interessi corrisposti a soggetti residenti in Stati membri UE spetta...

Con la sentenza n. 6050 del 28 febbraio 2023, la Corte di Cassazione ha affermato che l’esenzione da ritenuta di cui all’art. 26-quater del d.P.R. n. 600/73 sugli interessi corrisposti a soggetti residenti in Stati membri UE spetta soltanto laddove la Società dimostri di essere il beneficiario effettivo di tali redditi, all’esito della valutazione di tre test, autonomi e disgiunti: substantive business activity test; (ii) il dominion test; (iii) il business purpose test.

In particolare, nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto l’applicazione dell’esenzione da ritenuta sugli interessi corrisposti in quanto, secondo la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, la Società percettrice degli interessi avrebbe svolto il ruolo di mera società conduit dei flussi finanziari diretti invero a una terza società lussemburghese, che doveva ritenersi il “beneficiario effettivo” e che tuttavia non possedeva i requisiti per beneficiare dell’esenzione.

La Suprema Corte ha ritenuto legittimo l’accertamento eseguito dall’Agenzia delle Entrate e dopo aver preliminarmente ricordato che “a proposito del tema dei flussi reddituali transfrontalieri, la clausola generale del “beneficiario effettivo” …  è diretto a «impedire che i soggetti possano abusare dei trattati fiscali attraverso pratiche di treaty shopping, con lo scopo di riconoscere la protezione convenzionale a contribuenti che, altrimenti, non ne avrebbero avuto diritto o che avrebbero subìto un trattamento fiscale, comunque, meno favorevole. Il treaty shopping implica lo sfruttamento delle differenze nei trattati stipulati fra le varie nazioni, mediante la frapposizione di un soggetto residente in uno Stato terzo (conduit) nel flusso reddituale tra lo Stato della fonte e quello del beneficiario effettivo. Pertanto, può fruire dei vantaggi garantiti dai trattati il “beneficiario effettivo”, ossia solo il soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro Stato contraente, che abbia l’effettiva disponibilità giuridica ed economica del provento percepito, realizzandosi altrimenti una traslazione impropria dei benefìci convenzionali o addirittura un fenomeno di non imposizione” ed ha confermato che “in tema di esenzione degli interessi (e di altri flussi reddituali) dall’imposta ex art. 26 quater, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in applicazione dell’ordinario riparto dell’onere probatorio tra fisco e contribuente, nonché per il principio di vicinanza della prova, spetta alla società contribuente, che ne adduca la qualità, la prova di essere il “beneficiario effettivo”; a tal fine è necessario che essa superi tre test, autonomi e disgiunti, (i quali, in rapporto alla fattispecie concreta, prendono in considerazione dei “parametri spia” o “indici segnaletici”): (i) il substantive business activity test, che verifica se la società percipiente svolga un’attività economica effettiva; (ii) il dominion test, che verifica se la società percipiente possa disporre liberamente degli interessi ricevuti o se invece sia tenuta a rimetterli ad un soggetto terzo; (iii) il business purpose test, che verifica le ragioni dell’interposizione di una società nel flusso reddituale transfrontaliero, e cioè se la società percipiente abbia una funzione nell’operazione di finanziamento, o se invece sia una mera conduit company (o société relais), la cui interposizione è finalizzata esclusivamente ad un risparmio fiscale”.

La decisione della Suprema Corte non sembra tuttavia tener conto del nuovo comma 5-bis all’art. 7 del d.lgs. n. 546/1992, così come modificato dalla Legge 130 del 2022, con cui il legislatore, in tema di riparto dell’onere probatorio, ha espressamente previsto che incombe sull’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare la fondatezza della pretesa erariale, con ciò superando il principio di vicinanza della prova, e imponendo che tale onere sia assolto dall’Amministrazione Finanziaria anche nelle ipotesi in cui venga disconosciuta un’esenzione o un’agevolazione.

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