Con le sentenze nn. 34444 e 34445 del 16 novembre 2021, la Cassazione si è pronunciata in merito alla distinzione tra crediti “inesistenti” e “non spettanti” ai fini dell’individuazione del termine decadenziale previsto per l’adozione dell’atto di recupero di crediti di imposta indebitamente compensati.
Come noto, sebbene tale distinzione sia espressamente tipizzata nel d.lgs. 471/1997, che, in seguito alle modifiche introdotte dal d.lgs. 158/2015, prevede un diverso trattamento sanzionatorio nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti o non spettanti, alcuni dubbi erano sorti sulla valenza della medesima contrapposizione ai fini dell’applicazione del termine decadenziale di otto anni per l'adozione dell'atto di recupero di crediti di imposta, previsto, in deroga alla disciplina ordinaria, dall’art. l'art. 27, comma 16, del d.l.185/2008 per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione.
Ed infatti, sul punto è stato elaborato un (non condiviso) orientamento della giurisprudenza di legittimità, ribadito anche di recente, secondo cui “il Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 27, comma16, conv., con modif., dalla L. n. 2 del 2009, nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti d'imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare l'"inesistenza" del credito a categoria distinta dalla "non spettanza" dello stesso (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico - giuridico)” (così da ultimo Cass.,Sez. Trib., 30 ottobre 2020, n. 24093). Inoltre, sulla scia di tale indirizzo giurisprudenziale, è stata registrata una tendenza dell’Agenzia delle Entrate ad estendere a dismisura i confini della fattispecie di “utilizzo di crediti inesistenti” a discapito di quella di "utilizzo di credito non spettante", come dimostrato dalla Circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020,che, con riferimento alle contestazioni elevate a fronte dell'utilizzo in compensazione del credito di imposta ricerca e sviluppo, ritiene adoperabile lo strumento dell’atto di recupero del credito anche con riferimento ai crediti ritenuti inesistenti sebbene esposti nella dichiarazione dei redditi pure in mancanza di una rettifica di quest’ultima.
Tanto premesso, le sentenze in commento risultano particolarmente rilevanti posto che la Suprema Corte, con la dichiarata finalità di superare il sopraesposto orientamento, ha sancito definitivamente che l’inesistenza del credito può essere stabilita soltanto allorquando difetti in tutto o in parte il presupposto costitutivo del credito e tale mancanza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e all'art. 54-bis del d.P.R. n. 633/1972.
A tal proposito, infatti, la Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: "In tema di compensazione di crediti fiscali da parte del contribuente, l'applicazione del termine di decadenza «termale, previsto dall'art. 27, comma16, del d.l. n. 185 del 2008, conv. in legge n. 2 del 2009, presuppone l'utilizzo non già di un mero credito "non spettante", bensì di un credito "inesistente", per tale ultimo dovendo intendersi – ai sensi dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, del digs. n. 471/1997 (introdotto dall'art. 15 del d.lgs. n. 158/2015) - il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (il credito che non è, cioè, "reale") e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e all'art.54-bis del d.P.R. n. 633/1972".
# credito di imposta # inesistenza # decadenza